Risoluzione di liti e controversie nella realtà condominiale: la mediazione civile
All’interno della realtà condominiale, interagiscono fra loro una pluralità di soggetti, che condividono la loro quotidianità anche all’interno degli spazi e delle parti comuni del condominio, su cui ciascun condomino possiede la sua parte di comproprietà. Stante quanto sopra, è quindi comune che si verifichino incomprensioni, malintesi o anche discussioni più o meno accese, sulle quali non risulta sempre semplice trovare un accordo condiviso fra le parti, eventualmente coadiuvato dall’amministratore condominiale. Sovente accade per tale motivo, che si sfoci in liti o contenzioni che spesso, arrivano ad essere disciplinate dall’autorità giudiziaria. Questo tema riveste particolare importanza nel mondo condominiale, basti pensare che tra gli adempimenti dell’amministratore condominiale, annoverati all’interno dell’articolo 1130 del Codice civile, viene affermato che in caso di citazione in giudizio o di provvedimento giudiziario, nell’ambito delle proprie attribuzioni, l’amministratore deve rappresentare i partecipanti del condominio, sia che si tratti di giudizio contro condòmini o contro terzi, sia se è convenuto in giudizio per qualsiasi azione che riguarda le parti comuni dell’edificio.
Inoltre, nel caso in cui la citazione in giudizio o la lite non rientrano nelle attribuzioni dell’amministratore, questi è comunque tenuto a notificarne all’assemblea, pena revoca e risarcimento danni (art 1131 c.c., c. 4). Un esempio in questo senso è dato dagli accertamenti legati alla titolarità dei diritti reali ed eventuali azioni promosse in tal contesto, devono essere autorizzate dall’assemblea, con la maggioranza degli interventi ed almeno 500 millesimi. Sono dunque gli articoli 1130 e 1131 del Codice civile che trattano le attribuzioni e gli adempimenti dell’amministratore e disciplinano il tema della rappresentanza del condominio, che trova espressione proprio nei limiti delle attribuzioni previste dall’articolo 1130, riferendosi in particolare alle parti, beni e ai servizi comuni e le controversie che da questi, possono nascere.
Proprio in forza di queste attribuzioni o dei maggiori poteri previsti dai regolamenti condominiali o affidati tramite le assemblee condominiali, l’amministratore è legittimato a ricoprire funzioni di rappresentanza (attiva o passiva), sia per essi contro terzi, sia contro i condòmini stessi, sia in relazione alle parti comuni. In questo ambito, risulta opportuno parlare dei metodi alternativi di risoluzione delle liti, rispetto alla giurisdizione ordinaria e alla figura del Giudice. Per esempio, uno fra questi metodi è la c.d. mediazione civile, ovvero un’attività svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo in via amichevole, tramite una formulazione di proposta, per la risoluzione di una lite. Il mediatore in tale contesto è il soggetto che svolge la mediazione e spesso questo ruolo viene affidato ad un organismo, cioè a un ente pubblico o privato presso il quale si svolge il procedimento di mediazione.
È opportuno sottolineare che la mediazione civile è considerato un metodo alternativo rispetto alla risoluzione delle controversie tramite autorità giudiziaria e proprio per questo, permette di derimere questioni condominiali, con vantaggi in termini di tempo e conseguentemente con minori aggravi di costi per il condominio. Vi è da affermare che nella mediazione, non possono essere dati giudizi o decisioni vincolanti e non si giunge ad una sentenza ma ad una proposta di accordo e dove le trattative di accordo falliscano, le parti dovranno rivolgersi all’autorità giudiziaria e quindi al “tradizionale” metodo di risoluzione delle controversie. È fondamentale però ricordare che l’espletamento del procedimento di mediazione, è condizione della procedibilità della domanda giudiziale.
Il procedimento di mediazione è disciplinato dall’art 5 c. 1 bis del Dlgs 28 del 2010, che annovera i diversi ambiti che lo prevedono, tra i quali troviamo temi che riguardano anche la materia condominiale. Si prevede infatti un procedimento di mediazione nei casi in cui per esempio si è di fronte a violazioni del regolamento di condominio, immissioni rumorose e moleste, recupero quote da parte delle morosi, impugnazioni di delibere assunte in assemblea condominiale, disaccordi su decisioni assunte, disaccordi riguardanti la ripartizione della spese condominiali, conflitti riguardanti le parti comune e la loro gestione e più nello specifico, nei casi derivanti dalla violazione o dall’errata applicazione delle disposizioni riguardanti il condominio (di cui agli articoli 1117 e seguenti del c.c. e di cui agli articoli dal 61 al 72 delle disposizioni di attuazione al Codice civile).
Risulta infine importante ricordare che l’ipotesi di mediazione, prevedendo una risoluzione tendenzialmente rapida e non eccessivamente costosa, nasce proprio con l’obiettivo di ridurre il carico pendente nelle aule dei tribunali, cercando di giungere ad un accordo condiviso ed amichevole nella fase stragiudiziale. Proprio in questa linea la riforma Cartabia, entrata in vigore a giugno del 2023, ha recentemente permesso all’amministratore condominiale di aderire e partecipare ai procedimenti di mediazione, senza la necessità della delibera assembleare. Precedentemente, infatti, l’amministratore era legittimato a partecipare ala mediazione, solo previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all’articolo 1136 del Codice civile (500 millesimi oltre alla maggioranza intervenuti).
Diversamente, per la delibera di approvazione dell’accordo di mediazione, l’amministratore è tenuto a chiedere la convocazione di un ulteriore assemblea che approvi o meno, la proposta di accordo, con la maggioranza di cui all’articolo 1136 del Codice civile.