Occlusione della rete fognaria condominiale
«Secondo me dovremmo rapirlo. Don Salvatore, non possiamo accettare che ci manchi di rispetto in questo modo!»
Intorno al tavolo, nella penombra, diverse persone evitavano lo sguardo dell’uomo seduto a capotavola.
Gennaro si guardava le unghie. Vito si rigirava l’anello al dito. Giuseppe continuava a scrollare la sigaretta, ormai spenta, nel posacenere.
Respiri lenti e tanta tensione.
Don Salvatore era un uomo grosso, sulla sessantina. Aveva un cuore in petto che non cambiava ritmo di fronte a nulla e uno sguardo penetrante e terribile che i suoi picciotti temevano più del giudizio divino per le loro orribili gesta.
Nell’aria c’era puzza di merda.
Il momento era cruciale: parole che pesano come macigni stavano per decidere il futuro del mandamento.
Ma quella puzza…
Senza bussare, entrò svelta nella sala Vittorina, una donna corpulenta e dai modi bruschi, che sollevò la tapparella e aprì la finestra per far entrare la luce e far uscire l’insopportabile puzza.
«Don Totò! È scoppiato il cesso!» disse.
Il gruppo di uomini sobbalzò, come spaventato e, forse per la prima volta, il cuore di don Salvatore ebbe un battito in più.
«Alzate i piedi, che adesso arriva l’onda!» continuò lei.
Come se fossero soldati semplici e avessero ricevuto un ordine da un alto ufficiale, tutti scattarono in piedi.
Tutti tranne don Salvatore, che fissò Giuseppe e, lentamente, sentenziò: «Chiama quel minchia dell’amministratore».
Il mite geometra Emanuele Rimedio in quel momento era alle prese con un bilancio condominiale che non quadrava. Quella prevedibile geometria dei calcoli lo appassionava e, davanti allo schermo del computer, vagava fra gli amici numeri e diventava triste quanto i conti non tornavano.
Era un uomo dall’intelligenza emotiva sviluppatissima: si
era forgiato il carattere nella notte, durante le lunghe assemblee
condominiali, famose per riuscire a scovare il mostro
che si annida dentro ogni persona e che è pronto a divorare,
raramente a ferire, i cari vicini di casa. Tutto questo a scapito
del punto 1 dell’ODG, il più maltrattato, il più insultato, quello
che ha sentito più minacce e più sconvolgimenti degli altri,
ahimè, a volte completamente ignorati.
Registrazione F24, Ritenuta D’Acconto, Iva Agevolata del
10%, Certificato Antincendio: per lui erano nomi di colleghi,
compagni di pomeriggi e di merende. Una cricca che puntualmente
si allargava, quando la cara e amichevole Agenzia delle
Entrate decideva che era giunto il momento di presentargliene
di nuovi. Il geometra. Rimedio era molto socievole e aveva
passato bei momenti (anche se a volte un po’ forzati) con quegli
amici numeri, ma iniziava a stancarsi e a volerne di veri. Di
amici. Cominciava a percepire i numeri un po’ come parenti:
non li scegli e li devi digerire per forza, anche se ti stanno antipatici,
ma con l’aggravante che lui doveva frequentare tutti
i giorni questi numeri, mica solo durante le feste comandate.
A un certo punto, squillò il telefono. Giornata fortunata,
pensò Emanuele, solo quarantasette telefonate oggi! E sono
già le quattro di pomeriggio.
Rispose la sua segretaria Nunzia Brambilla, scelta da lui in
quanto cintura nera di annuimenti, campionessa regionale
2018 e 2019 di intortamento telefonico e dotata di una voce
che sarebbe stata perfetta per doppiare tutte le fatine buone
della Disney.
«Buongiornostudiorimedioamministrazionicomepossoesserleutileeeee?» disse.
«C’è il minch… ehm, il geometra?» chiese Giuseppe.
«Adesso controllo» rispose.
Si dice che a volte, infatti, gli amministratori condominiali scompaiano da questo mondo, anche all’insaputa dei loro collaboratori, probabilmente rapiti da rogne impensabili che li risucchiano in altre dimensioni e li strappano al divertimento assoluto di rispondere a condomini che, solitamente, li chiamano per dichiarar loro amore profondo, stima professionale o sostegno incondizionato per il loro operato.
Ma questa volta Emanuele non era stato risucchiato via e, con un cenno, accettò la chiamata.
«Buongiorno, chi parla?» iniziò.
«Sono Giuseppe Losmunto del condominio degli Artieri 47. Siamo nella merda» disse secco.
«Eh, sì! Alla situazione del nostro governo si aggiunge una pandemia mondiale: è terribile!» commentò mite il geometra Emanuele Rimedio.
«Ma che cosa dice? Esce dal water! Puzza! Parlo di cacca, ma di quella vera!» precisò Giuseppe.
Per un attimo il geometra Rimedio pensò che, ammesso che esistesse, l’ente spirituale che controlla il funzionamento delle tubature avesse avuto una buona mira nello scegliere dove far uscire il liquame.
Invece, disse solerte: «Ah! Dobbiamo mandare immediatamente qualcuno!».
Don Salvatore, con i piedi appoggiati su una sedia, guardava Giuseppe che, con i pantaloni risvoltati e il mocio in mano, un po’ cercava di contenere l’acqua e un po’ giocava a hockey con i pezzi più duri di chissà cosa assieme a Vittorina che strizzava i panni nei catini, inginocchiata sul pavimento.
Gennaro, sul pianerottolo, spiegava all’anziana vicina del piano di sotto, la paranoica e combattiva Ines Fogliaccia, che nessuno voleva annegarla con un puzzolente e liquido stratagemma
gocciolante dal soffitto.
Vito non vedeva, non sentiva e non parlava: si era addormentato
con i piedi zuppi appoggiati sulla sedia e nessuno lo
disturbava.
«Non arriva nessuno qui: quanto è lungo l’amministratore,
Giuse’? Vedi se la bara di là è della sua misura. Poi per Tano ne
useremo un’altra…» disse don Salvatore.
«Sarà perfetta! Ho iniziato ieri a lucidarla» rispose Giuseppe.
Il geometra Emanuele Rimedio, dopo aver chiamato l’azienda
degli spurghi, chiamò Andrea Baldazzi, l’assicuratore del
condominio.
Andrea Baldazzi era un uomo sulla cinquantina, con una
bocca piena di denti che egli scopriva quasi alla fine di ogni
frase, come a punteggiare la fine di uno spot pubblicitario. Deformazione
professionale di un venditore? Forse. E nemmeno
l’unica! Vestito sempre di tutto punto, ogni suo passo era accompagnato
dal ritmico rumore delle caramelline alla menta
che portava sempre con sé in tasca, dentro una scatoletta metallica,
da quando la moglie una mattina, nel salutarlo sulla
soglia di casa, gli aveva detto che il suo alito puzzava. Grande
lezione di integrazione sociale che pochi hanno il coraggio di
impartire. Era sempre incalzato dal suo capo per il raggiungimento
degli obiettivi di vendita promossi dalla compagnia
di assicurazioni per cui lavorava, la Turchese Assicurazioni
– Assicuriamo tutto, anche quello che accade –, che però non
raggiungeva mai. Ed era sempre rimproverato dal suo agente
capo per la quantità di sinistri che le polizze che lui aveva intermediato
facevano liquidare alla compagnia: sottraendo gli
importi liquidati per i sinistri agli importi dei premi raccolti
dalle sue polizze, si finiva, ahimè, abbondantissimamente
sotto allo zero. Ma lui come poteva controllare la sorte generatrice
di sinistri?
«Buongiorno, Baldazzi.»
«Buongiorno, geometra Rimedio!» rispose l’assicuratore.
«C’è un nuovo sinistro da aprire per il condominio degli Artieri 47.»
«Procedo! Sinistri infiniti in quel condominio… Cos’è successo questa volta?»
«Esce merda dal water.»
«Mmh… Normalmente dovrebbe entrarci, geometra: c’è qualcosa che non va…»
«Bravo, Baldazzi! La sua intelligenza ha centrato il problema: ci vediamo là, andiamo a vedere i danni e a capire la causa. Porti gli stivali. E una molletta per il naso!»
Arrivarono assieme sul posto. Entrambi erano puntuali: per questo vivevano spesso momenti di solitudine infinita, nell’attesa dei ritardatari, che sono la maggior parte.
Lo spettacolo che si presentò loro era disgustoso. L’impresa degli spurghi era già all’opera. L’operatore era circondato da pseudo-umani scalzi, con pantaloni arrotolati, che commentavano, da espertissimi, ogni azione che compiva attorno al water. Tutti tranne Giuseppe, che stava lucidando qualcosa di legno nell’altra stanza…
Don Salvatore non salutò nessuno, riuscì solo a tenere lo sguardo fisso sul geometra Rimedio, che si sentì brutalmente messo in mezzo. Si sentì anche, non metaforicamente, nella merda fino al collo…
«Picciuli, geometra. Tanti picciuli ci vogliono adesso per sistemare tutto.»
Il geometra Emanuele Rimedio allontanò da sé il concetto di addebito personale che bussava alla sua coscienza professionale per il ripristino dei danni e guardò il Baldazzi, sperando che intuisse che era il momento di fare il generoso con i soldi delle assicurazioni. Ma il Baldazzi non aveva l’intelligenza emotiva del geometra Rimedio.
«Avete una polizza personale?» esordì il Baldazzi, nella speranza di aprire un sinistro su una polizza di un altro assicuratore, scansando così la furia del suo agente capo, molto irascibile in tema sinistrosità.
Ma se c’era una cosa che proprio non andava fatta era sfidare
con domande personali e impertinenti don Salvatore. Il geometra
Rimedio si sentì gelare il sangue nelle vene e la cacca
nella quale stava camminando, improvvisamente, gli sembrò
quasi il male minore.
«Giuse’!» urlò don Salvatore, spostando lo sguardo dal geometra
Rimedio a Baldazzi. «Inizia a lucidare pure l’altra bara,
che qua il lavoro si moltiplica a vista d’occhio…»
Baldazzi, che quella mattina a colazione non aveva mangiato
pane e volpe, continuava a guardare don Salvatore fisso
negli occhi senza capire che Giuseppe, nell’altra stanza, stava
preparando per lui un lucido e ligneo giaciglio nel quale riposare
per sempre.
«Scusi, ma lei crede di venire qui, a casa mia, a impicciarsi?
Lei fa l’assicuratore? Ecco, le traduco il mio pensiero: io sono
la sua polizza vita! Uora iu u uccido cu i mani mia chistu assicuratore
r’i mia cugghiuna!» gridò don Giuseppe.
«Ah, ecco, capisco… Mmh… Male… anzi, no, volevo dire
bene, benissimo! Io odio le coassicurazioni, un tormento. Ripartisci
un danno qui, ripartisci un danno lì e i tempi della
liquidazione si allungano! Che noia! Non si preoccupi, don
Salvatore, qui ce la vediamo noi, perbacco! Arriveremo svelti
a una quantificazione, compilerò io personalmente l’atto di
accertamento che le farò sottoscrivere e lei riceverà i soldi!
I picciuli!»
Era però una lingua svelta e l’incomprensibile raffica rapida
e violenta di termini assicurativi chiarì a tutti che il Baldazzi
conosceva le cose.
L’operatore degli spurghi arrivò in quel momento tenendo
fra le mani la causa dell’occlusione.
«Dotto’, ecco cosa occludeva il water: ’sto pezzo di carne.
Ma si può buttare carne cruda nel water? Questa non l’avevo
ancora vista e spurgo tubi da anni! Adesso è tutto a posto, fatturo
al condominio o al condomino, dotto’?»
Baldazzi stava per aprire bocca, ma il geometra Rimedio lo
precedette e si affrettò a rispondere: «Al condominio, al condominio, ci mancherebbe!». Ed eliminò definitivamente dalla sua coscienza professionale l’idea di addebito personale.
L’operatore se ne andò, appoggiando sul tavolo il pezzo di carne. Sembrava una mano. O almeno le assomigliava. Ecco, forse lo era stata fino a poco prima, quando era ancora attaccata a un braccio, che a sua volta penzolava da una spalla, che era attaccata a un corpo di un essere, ora non più, vivente.
Vito, che adesso era sveglio e vedeva, sentiva, ma non parlava, si prese uno scappellotto da Gennaro. Il geometra Rimedio e il Baldazzi si guardarono contemporaneamente negli occhi, ora consapevoli. E la porta si richiuse dietro all’operatore. Vittorina andò a terminare il lavoro di asciugatura e pulizia.
Deglutirono entrambi, in coro.
«Confermo che la responsabilità dell’evento è chiaramente condominiale!» azzardò il Baldazzi. «Non v’è dubbio alcuno che l’incapacità delle tubature condominiali nel dare una mano (oh, cazzo), cioè ad aiutare lo scarico di quanto occultato, cioè gettato, o meglio, scaricato nell’impianto idrico, evidenzi l’infamità, ma che dico, la responsabilità totale del condominio, la cui polizza pagherà tutti i danni, tutti.»
Giuseppe uscì dall’altra stanza e prese mentalmente le misure del Baldazzi.
«Ma che dico tutti! Direi di più!» aggiunse l’assicuratore.
«Fatto» disse Giuseppe. «Ho finito ora ora di lucidare…»
«E quindi?» chiese don Salvatore al Baldazzi.
«Tappeti, parquet e tutto quanto danneggiato dallo spargimento d’acqua e mi permetto anche di aggiungere, personalmente (come no), anche una tinteggiatura all’appartamento, bellissimo tra l’altro, sarà rimborsato. Ma che dico rimborsato, pagato! Anzi, ma che dico pagato, io verrò qui e dirigerò personalmente i lavori!»
L’arrabbiatura dell’agente capo divenne il male minore: questa era una questione di vita o di morte!
Silenzio.
Il geometra Rimedio prese la parola: «Io lascerò l’assegno in busta chiusa al custode, il buon Augusto, che ne dice?».
Don Salvatore sentenziò: «Sta bene». E si congedò.
Giuseppe riaprì la porta e li salutò con estrema cortesia.
Il geometra Rimedio e il Baldazzi uscirono, sollevati, uno col pensiero che si era appena meritato un anno di conferma di amministratore protempore, l’altro che era pronto a prendersi anche uno scappellotto dal suo agente capo per l’importo che la polizza avrebbe liquidato per il danno da bagnamento a don Salvatore.
Nessuno dei due, però, pensò di essere scampato alla morte, perché quella, in fondo, era la loro quotidianità.